I libri non sono cose assolutamente morte, ma sono invece animati d’un vigor vitale, che li rende così attivi, come quello spirito che li partorì. Anzi, essi preservano come in una fiala, la più pura essenza e virtù di quella mente che trasfuse in loro la sua vita.

Books are not absolutely dead things, but do contain a potency of life in them to be as active as that soul was whose progeny they are; nay, they do preserve as in a vial the purest efficacy and extraction of that living intellect that bred them.

John Milton, Areopagitica

Nella sua casa milanese Paola Trifirò Siniramed ospita una Bibliotheca Culinaria di oltre 5.000 volumi che abbraccia tutto il mondo del cibo e della cucina

Bibliotheca Culinaria

Secondo un pensiero attribuito a Marco Tullio Cicerone “una stanza senza libri è come un corpo senz’anima”, così come per lo storico vittoriano Thomas Carlyle (1795-1881) “un libro è l’essenza più pura dell’animo umano” e per John Milton (1608-1674) “i libri non sono cose assolutamente morte, ma sono invece animati d’un vigor vitale, che li rende così attivi, come quello spirito che li partorì. Anzi, essi preservano come in una fiala, la più pura essenza e virtù di quella mente che trasfuse in loro la sua vita.”

Per me i libri sono sempre stati oggetti magici, eleganti da vedere e da toccare, con le loro copertine e legature colorate spesso seducenti, “scatole” misteriose che fanno pregustare un interno ricco di sorprese, anche se l’aspettativa non sempre è realizzata, come già metteva in guardia Seneca nelle sue Lettere a Lucilio “non importa la quantità di libri che hai, ma la loro qualità”.

Ma sono anche una (aspirante) bibliofila. Secondo il dizionario Treccani, il bibliofilo è un appassionato di libri, un collezionista di libri rari. Collezionista, noto in tutto il mondo dei bibliofili, era il mio maestro Prof. Cesare Grassetti, giurista sommo con il quale ho avuto una lunga collaborazione, appassionato raccoglitore di incunaboli (libri “in cuna” e cioè “in culla”), i primi libri a stampa, prodotti fra il 1455, data della invenzione di Gutenberg, fino alla fine dello stesso secolo.

Con lui ho provato l’emozione della ricerca e del ritrovamento di un libro antico, il cuore in tumulto nell’avvicinarsi all’opera, nel toccarla dopo aver indossato i guanti di cotone, nel respirare, aprendo un volume con delicatezza, la stessa aria del monaco o dello stampatore di cinquecento anni fa. Con lui il mio innato amore per i libri è sfociato in passione, portandomi a raccoglierne migliaia e migliaia, di letteratura, arte, storia e filosofia.

Non solo. Nei successivi anni di collaborazione con l’indimenticabile Luigi Veronelli (Gino) per i magazines Class e Class Country, ma soprattutto per la sua rivista L’Etichetta (autentico apripista dell’attuale visione della cucina), ho altresì ampliato la mia già particolare attenzione per l’arte culinaria, le sue radici e la sua storia, il cibo e la conoscenza degli alimenti in genere.

Così, da circa trent’anni, ho cominciato la rigorosa costruzione della mia Bibliotheca Culinaria, che oggi supera i 5.000 volumi.

Si compone di numerose “sezioni” con un largo raggio di indagine nei molti settori. Si spazia infatti dagli argomenti più naturali, in siffatto tipo di biblioteca, come i manuali e i ricettari dei grandi Chef (dai mitici Francesi dell’Ottocento Jules Gouffè e George Auguste Escoffier ai nostri contemporanei italiani Marchesi, Alajmo, Bottura e Cracco, solo per citarne alcuni), la natura degli alimenti, le cucine regionali italiane e quelle del mondo, fino ai molti trattati e saggi (numerosissimi qui gli Autori inglesi e francesi) di storia, filosofia e sociologia della cucina.

Ma c’è di più. Il settore galateo e gastronomia delle feste è in grande rilievo, così come quello della cucina erotica, con tanto di maliziose illustrazioni di fine Ottocento; non mancano i ricettari dei tempi di guerra, i manuali per la cucina del tempo libero, vaste sezioni vegane e macrobiotiche. Un grande spazio è lasciato a letteratura, arte e cinema food related. Non sono trascurate neanche le più recenti tendenze, con testi di cucina etica e sostenibile e saggi dedicati alla sfida globale del cibo. Non si può naturalmente non citare l’ampia sezione sul vino, che accompagna da sempre la buona tavola.

Particolarmente cara al mio animo di collezionista è poi la sezione libri antichi e rari, che si avvale di un ex libris diverso da quello – “la cuoca colta” disegnata da Gio Ponti negli anni ’30 – utilizzato per la biblioteca generale.

Qui si trovano alcuni importanti incunaboli (ovviamente non quanti vorrei), inclusa la copia immacolata del Platina stampata a Cividale del Friuli nel 1480. Non mancano altresì Cinquecentine significative, come il De agricultura vulgare del 1511 o il Libreto de tute le cose che se manzano comunamente di Michele Savonarola, uscito dai torchi a Venezia nel 1515 o il Libro novo nel qual s’insegna il modo d’ordinar banchetti di Cristoforo Messisbugo, stampato nel 1581.

E così via, fino alla fine dell’800, libri antichi e belli, che spaziano dalla salute (La cucina degli stomachi deboli, 1862) alla coltivazione del riso (Bergamo 1764), dalla maniera di cucinare il porco (Gli elogi del porco, 1761) a quella di gustare i formaggi (La Formageide, 1794), dai trattati sulle erbe (Venezia 1520) ai poemi popolari come La Salameide (1772).

A fianco alle edizioni originali si trovano le copie anastatiche dei testi antichi pubblicati in Italia e, in più, numerosi scritti, italiani e stranieri, sulle cucine e tavole di Principi, Papi e Re, ovvero di tutti i grandi e ricchi del passato, i soli che potevano permettersi pranzi e feste luculliane dalle mille portate.

Ci sarebbe ancora molto da raccontare, ma scorrere i titoli e ammirare l’effettiva consistenza della biblioteca sarà emozionante – ne sono sicura – come immergersi in un viaggio che parte dal passato e si sviluppa attraverso i secoli, con gusto e passione.

Paola Trifirò Siniramed